Recensione libro: La fabbrica di Joanne Ramos

Buongiorno carissimi liberi e libere. Siamo sempre qui per voi a tenervi compagnia con i nostri consigli per le vostre letture. Oggi vogliamo rivolgerci a tutte le libere madri o che la saranno presto, che desiderano solo il meglio per la loro prole. E a chi crede nel valore della famiglia. Perché stiamo per presentarvi La Fabbrica, di Joanne Ramos, edito da Ponte alle Grazie.

La trama

Jane è una giovane madre single immigrata negli Stati Uniti dalle Filippine. Vive in un dormitorio nel Queens, a New York, insieme alla cugina Evelyn e a tante altre donne che, come lei, sono venute qui con la speranza di una vita e di un futuro migliori.
Dopo i primi lavori presso alcune facoltose famiglie di Manhattan, Jane riesce a entrare a Golden Oaks, una residenza idilliaca nelle campagne del fiume Hudson che ospita «madri surrogate», donne e ragazze bisognose come Jane, che concedono il proprio corpo alle ricche «clienti» in cambio di un compenso che potrà letteralmente trasformare la loro vita. Ben presto, però, affiora il durissimo compromesso a cui devono adeguarsi le «Ospiti»: Golden Oaks, gestita da un’ambiziosa donna d’affari di origini cinesi, è in realtà una prigione dorata, un ambiente «calibrato per massimizzare il potenziale fetale», dove le ospiti sono tenute sotto strettissima sorveglianza.

L’esperienza straziante a cui va incontro Jane è una versione inquietante del sogno americano, dove il denaro permette di comprare e vendere qualunque cosa, persino la vita.

Protagoniste sono le donne, vittime e carnefici di un meccanismo sottile e perverso, in cui si intrecciano ambizione e potere, desiderio di riscatto e spirito di sacrificio. Il risultato è un affresco spietato e insieme toccante di un universo femminile costretto a fare i conti con i propri valori e sentimenti più profondi.

 

L’autrice:

Joanne Ramos è nata nelle Filippine e si è trasferita nel Wisconsin a sei anni. Dopo essersi laureata a Princeton, ha lavorato per diversi anni nel settore finanziario e ha cominciato a scrivere per l’Economist. Fa parte del consiglio di amministrazione di The Moth, un’associazione non profit newyorkese dedicata all’arte della narrazione. Questo è il suo primo romanzo.

 

 

  • Titolo: La fabbrica
  • Autore: Joanne Ramos
  • Editore: Ponte alle grazie
  • Genere: Narrativa contemporanea
  • Data pubblicazione: marzo 2020
  • Numero pagine:325
  • Prezzo copertina: 17,10 €
  • Prezzo e-book: 9, 99 €
  • Narrazione: Terza persona


La mia recensione

Avevo scelto il libro ispirata dal titolo ed era da tempo che era lì nello scaffale immenso dei libri da leggere. Ed è stata una vera scoperta.

Perché indaga nel profondo dell’animo umano. Mette su carta una forte critica sulla società capitalistica odierna. La quale si fonda sul principio del dio denaro e che non coltiva più i valori più importanti quali la famiglia.

Un romanzo però che fa comprendere che nonostante tutto esistono persone con una salda integrità morale che non si lasciano accecare da questi falsi miti.

In questo volume incontriamo Mae, che gestisce Golden Oaks Farm. Un luogo dove vivono le ospiti. Donne provenienti dalle più svariate parti del mondo disposte a farsi impiantare degli embrioni fecondati da coloro che vengono chiamati  clienti.

Coppie o donne che per varie ragioni non possono o non vogliono vivere l’esperienza della gravidanza.

La cosa curiosa è che le Ospiti non sono scelte a caso. Vengono selezionate dopo aver superato un lungo iter.

Queste ospiti sono fortemente motivate da un’unica  ragione che è quella di fare del bene agli altri, di sacrificarsi per la propria famiglia.

La maggior parte di loro proviene da luoghi in cui hanno conosciuto la povertà e dove non ci sono grandi prospettive.

I soldi che riceveranno se faranno parte di Golden Oaks Farm potrebbero invece essere utili per far cambiare le loro vite è quella delle loro famiglie.

Infatti i clienti non sono clienti qualunque. Essi provengono dall’editrice di Manhattan e sono ricchi.
Non si accontentano di un’ospite qualunque. Desiderano che sia bella e intelligente. Deve quindi possedere un curriculum di tutto rispetto per poter essere scelta da loro.

Interessante è anche il fatto che questo luogo in cui soggiornano per nove mesi è e deve restare segreto.   Le ospiti infatti non possono avere molti contatti con l’esterno e vedere le loro famiglie se non tramite l’utilizzo della tecnologia o visite programmate.

Vengono poi sottoposte ad una rigida routine fatta di cibi salutari, giusto movimento, ecografie per monitorare l’evolversi della gestione ed altre attività utili a rendere questi embrioni i più intelligenti, dei veri geni.

Poi nel romanzo si può fare la conoscenza di figure che non possono non suscitare l’è paria del lettore. Esse sono Jane e Ate Evelyn. Cugine che si ritrovano nel meccanismo crudele di quella che è una vera e propria fabbrica di bambini milionari.

Jane è una figura che mi ha colpito in positivo. Perché è coraggiosa e disposta a tutto per il bene della famiglia.

E una giovane madre che non vive nel lusso e per questo si sottopone all’inquietante esperienza di questa prigione dorata.

Per la figlia Amalia lascia il dormitorio che le ospitava insieme alla cugina.

Si ritrova in una realtà dove incontra altre donne nella sua stessa situazione e con la quale fa amicizia. In particolare Reagan e Lisa.

Quest’ultima è una donna energica che mette in dubbio il sistema che regola quella che lei chiama fabbrica.

Perché  per lei non si tratta nient’altro di questo, ovvero della mercificazione di una cosa così intima , delicata, come la maternità solo per spirito di denaro e potere.

Solo per la brama di desiderare il meglio per i propri figli da parte di questi clienti e della possibilità di sceglierlo e attuarlo ancor prima della nascita dei loro pargoli.

Questo spaventa Jane. Ancor più allarmata da certi eventi quali l’aborto di una delle ospiti e dal fatto che non riesce più a mettersi in contatto con sua cugina Evelyn.

Della quale ha saputo il  suo ruolo di scout alla Farm. Il modo in cui è stata reclutata Jane stessa, raccomandata da Ate.

Preoccupata per la figlia Amalia e per il suo stato di salute mette in atto un piano che le permetterà di evadere da questa gabbia dorata.

Perché  per lei è impossibile che sua cugina abbia anteposto il denaro, il benessere dei figli dei clienti a discapito di sua figlia e della sua famiglia. Scoprirà però una dolorosa e triste verità.

Ate Evelyn, oltre a Jane, è la figura che mi ha commosso di più.
Non ha mai messo in secondo piano  il valore della famiglia e il denaro è stato per lei solo uno strumento per garantire il meglio ai suoi cari.

Si è solo adeguata al sistema. Ha compreso che per offrire il meglio bisogna fare dei sacrifici. Bisogna saper sopportare anche la distanza che la separa dai suoi amori.

Non c’è mai stato un attimo in cui non abbia pensato alla sua famiglia che vive nelle Filippine. Ma doveva guadagnare, guadagnare bene per offrire loro una vita migliore

Paga però questo sacrificio a caro prezzo. Perché mette in secondo piano lei stessa, il suo stato di salute, diventato precario con l’avanzare dell’età.

Pur di non far mancare nulla alle persone che ama mette a dura prova il suo cuore malato. Non riesce a vedere realizzato il suo sogno ne rivedere i suoi cari.

Un romanzo commovente, che invita a riflettere su quali sono le nostre vere priorità nella vita e di quanto i soldi possano offuscare la mente e creare un legame potente tra ospite e cliente.

Quindi non ci resta che invitarvi alla lettura di questo romanzo cliccando sul link che vedete qui sotto e…

BUONA LETTURA!!!