INTERVISTA A MONICA VANNI

Buongiorno carissimi liberi e libere. Qui è Luna, la vostra donna d’intelletto, a tenervi compagnia. Oggi, con immenso piacere, voglio condividere con voi l’intervista che ho fatto a Monica Vanni, autrice de La Tela di Cloto. Una scrittirce simpatica, gentile e molto disponibile.

  1. Come nasce la tua passione per la scrittura?
    Non ho ricordi di una nascita ma ho sempre saputo di saper scrivere. Un giorno al
    liceo il mio professore di italiano mi ha detto: “ Devi fare la scrittrice” e io ho risposto
    candidamente: “ Ma con la scrittura non ci campo”, e infatti ho scelto di fare altro.
    Oggi considero la scrittura come qualcosa di più di un lavoro. Un lavoro lo potresti
    fare anche senza cuore, la scrittura no. Devi sentirla nella pancia, farla uscire dalla
    mano e renderla liquida, perché gli altri possano bere le tue storie. Se dovessi
    definire cosa significa scrivere direi che è un richiamo, una voce potente a cui non
    puoi non rispondere.
  2. Come è nata l’idea de La Tela di Cloto?
    Per caso. Di getto. Senza pianificazione alcuna. Avevo in mente un’idea e ho iniziato
    a scrivere. Ho creato la mia tela in meno di due mesi, soprattutto di notte, perché
    quando scrivo non voglio nessuno intorno ed è come se fossi guidata da un daimon
    platonico a cui non riesco a resistere. E poi io sono sempre stata un animale
    notturno. Le idee migliori mi vengono dopo le 22 e forse la stanchezza è complice di
    un mondo poco cerebrale, privo dei freni inibitori del pensiero superiore. Il romanzo
    è praticamente nato da solo ed è riuscito a stupire persino me stessa. A volte rileggo
    alcune parti e piango. A volte vorrei che lo stesso daimon mi guidasse anche nella
    vita.
  3. C’è qualche scrittore da cui hai tratto ispirazione per il tuo romanzo?
    Ricordo Andrea De Carlo e la sua immagine dei sentieri che si restringono. Ho letto
    “Due di Due” quando avevo sedici anni e sono rimasta sconvolta dall’idea che il
    cammino restringa sempre più le possibilità. Ho voluto cambiare la storia e creare
    delle possibilità infinite. Così ho fatto in modo che nella mia tela “le cadute
    diventassero opportunità” e che i sentieri non finissero mai.
  4. Quanto di biografico c’è ne La Tela di Cloto.
    Talmente tanto da non accorgermene. Ho amiche che mi hanno ricordato eventi di
    cui io mi ero dimenticata e che nella mia tela riemergono.
    Emma ha tanto di me anche se non abbiamo la stessa storia. Condividiamo lo
    stesso lavoro e un pezzo di anima.
  5. Hai in programma di scrivere altri romanzi?
    Assolutamente si, anche se ho paura. Temo il confronto con questo e non sono
    certa di riuscire a tenere lo stesso livello. Se il mio daimon va in vacanza dovrò
    aspettare che ritorni. Oppure dovrò andare con lui.
  6. Qual è il tema centrale di questo romanzo?
    Tema centrale del romanzo è la giustizia e il suo antagonista l’ingiustizia, che ogni
    personaggio di questa storia ha subito e a cui ciascuno di loro reagisce in modi
    diversi. Facendo delle scelte che potrebbero portare ovunque. A un’accettazione del

male, a una ricerca del bene, a un pianto, a un grido, a un sonno per non sentire o a
riprendersi in mano la vita e a bersela tutta. Nonostante.
E a questo punto noi diventiamo Emma, diventiamo Dennis, Lorenzo e ci sentiamo
avvolti nella tela di Cloto perché fondamentalmente ognuno di noi ha avuto una scelta
da fare. Una scelta che magari ha sbagliato, ma che può sempre recuperare con il
profondo senso di resilienza che è il messaggio di questo romanzo.
Una storia di risalita, di consapevolezza crescente , di scelta, di cambiamento.
Una storia di verità e giustizia dove il cuore della vita batte forte.
Un finale inaspettato, che farà sentire tutti noi la Emma delle nostre vite.

  1. Tu nella sinossi dici “ Emma e Dennis, due frutti diversi con la stessa buccia,
    quella che li ha fatti sopravvivere al freddo”. Chi è Dennis e cos’ha in comune
    con Emma?

    Dennis è la perfezione che srotola all’improvviso tutte le sue fragilità.
    Quando si apre la storia di Dennis il romanzo, che stava prendendon la piega di una
    storia d’amore, diventa anche una storia di dolore. Il dolore del passato di Emma e
    quello del passato di Dennis.
    Un dolore inaspettato, che non riguarda più solo Emma, ma in cui tutti i personaggi
    restano intrappolati.
    Emma scoprirà che li accomuna un passato di ingiustizia, un’incapacità di vedere la
    verità e di scegliere la verità, perché a volte è troppo dolorosa. Il loro fatal flow.
    Qui il romanzo ha un’evoluzione perché, attraverso la storia di Dennis, Emma
    comprenderà la sua. Finalmente vedrà la tela in cui sono intrappolati entrambi e da
    cui potranno scegliere di liberarsi.
    E a questo punto Emma sceglie. E impara che scegliere il bene a volte è doloroso,
    ma necessario. Impara così a scegliere per amore.
    La sua scelta condizionerà le vite di tutti coloro che le sono vicini. Il finale ovviamente
    sarà inaspettato. L’unica cosa che posso dire è che i personaggi, tutti, risolveranno il
    loro fatal flow.
  2. Nel tuo romanzo ci sono personaggi a cui il lettore si affeziona…Lorenzo,
    Antea, Marusca…don Camillo.
    Don Camillo è un personaggio cardine nella storia. Colui che regala i famosi 12
    libri a Emma, quelli che le terranno compagnia durante la sua diaspora. Cosa
    rappresenta don Camillo nella storia?

    Don Camillo è senza dubbio il personaggio più amato in questa storia. Rappresenta
    l’adulto di riferimento nel prima, ma la coscienza che bussa anche nel dopo. È la
    speranza, la mano tesa, la saggezza ma anche il rispetto delle scelte e la libertà di
    poterle fare, il grillo parlante di Emma. I 12 libri sono una sorta di bibbia laica su cui
    Emma farà riferimento per crescere, quando lei incomincerà la sua diàspora e lui non
    potrà essere al suo fianco. Un manuale di vita in cui lei non potrà perdersi.
    Sono i libri della mia adolescenza. Quelli che hanno fatto crescere me e li ho voluti
    regalare a Emma. Ho pensato, diciamo, che le avrebbero tenuto buona compagnia.
    Il libro più importante è sicuramente “Il buio oltre la siepe”, che racchiude il tema della
    giustizia del romanzo.
  3. Quali sono i tuoi consigli per chi vuole diventare scrittore ed essere
    pubblicato?

    Consiglio inizialmente di lasciarsi andare ma poi di riprendere in mano lo scritto in modo

lucido, mettendosi in discussione. Si sbaglia sempre. È umano, ma in questo nostro
mondo di carta abbiamo tempo. Le decisioni sono dilatate e il vantaggio è notevole.
Consiglio di farlo leggere e di non essere presuntuosi, né frettolosi. Gli altri ci possono
aiutare a vedere le cose in un altro modo e attraverso i loro occhi noi cresciamo come
scrittori.
I tempi dell’editoria sono lunghi. Consiglio di avere pazienza e di provare prima con le
case editrici medio-piccole, non a pagamento. Essere scelti è qualcosa di meraviglioso.
Un profumo che ti resta sulla pelle e ti fa sentire bene anche dopo. Vale la pena
aspettare senza arrendersi. Se non va si proverà un nuovo sentiero.

Per questa intervista è tutto. Un ringraziamento speciale a Monica Vanni che si è gentilemente prestata a questo interessante collocquio. Spero di poter collaborare ancora con lei per altri futuri scritti.